La domanda “Come nascono le idee?” è una di quelle domande al contempo superficiali e profondissime. Come quando un bambino ti tempesta di “ma perché?” fino a farti mettere in discussione la tua stessa esistenza.
Tralasciando il problema filosofico-scientifico della natura e origine del pensiero – di cui si occupano persone ben più competenti di me – si può però stabilire un metodo che permetta, con un po’ di studio e lavoro, di creare nuove idee.
Idee come combinazioni
Il metodo a cui mi riferisco è quello di James Webb Young, pubblicitario statunitense attivo principalmente nel secondo dopoguerra. È un metodo che si riferisce principalmente al mondo del design e della comunicazione, ma penso possa essere applicato anche in altri campi.
Young parte dall’assunto che un’idea non è altro che una nuova combinazione di elementi esistenti.
Per avere una nuova idea occorre quindi avere gli elementi [costruirsi dunque un dizionario, culturale e di esperienze, nella materia in cui si vuole sperimentare] ma soprattutto saperne cogliere le relazioni.
Produrre nuove idee è un po’ come produrre del buon vino. Bisogna raccogliere dell’ottima uva, spremerne il succo, essere pazienti e lasciarlo riposare per poi imbottigliarlo.
1. La raccolta
La prima fase è la più banale ma anche quella più trascurata. Raccogliere materiale, fare ricerca, è indispensabile per ottenere gli elementi base da ricombinare nella nostra nuova idea.
Occorre chiedersi se qualcuno ha già affrontato il nostro problema, come l’ha fatto e perché, quali aspetti del suo lavoro si adattano al nostro progetto.
Questa fase di raccolta serve quando abbiamo già in mente il problema che dobbiamo risolvere con la nostra idea, ma è anche in generale la costruzione di un bagaglio di conoscenze ed esperienze che ci porteremo dietro in tutti i nostri progetti.
Essere curiosi è fondamentale.
2. La spremitura
Adesso che abbiamo il nostro materiale, occorre organizzarlo e analizzarlo. Prendere i vari elementi che sono stati selezionati e guardarli da tutte le angolazioni, sotto luci diverse, cercando di capirli il più possibile.
Partendo prima da uno singolo – magari quello che ci pare più affine al nostro progetto – per poi aggiungerne uno nuovo, un altro e un altro ancora. Fino ad arrivare a capire quelle relazioni di cui si parlava all’inizio dell’articolo.
A questo punto – dice Young – ci troveremo ad avere degli accenni di idee [che è bene annotarsi], ma inevitabilmente ci ritroveremo ad essere sopraffatti dalla quantità di informazioni che abbiamo trovato, senza riuscire a trovare il posto giusto per ogni elemento.
3. Riposo
Arrivati in quello che può sembrare un vicolo cieco è bene abbandonare per un po’ la nostra ricerca dell’idea e lasciare che il materiale raccolto si depositi, lentamente, nell’inconscio.
Young – uomo di altri tempi – consiglia a questo punto di dedicarci a qualche attività che stimoli la nostra creatività ad esempio andare a teatro, leggere qualche poesia o ascoltare musica.
Nel mondo del lavoro di solito a questo punto si passa più prosaicamente ad un altro progetto, magari più semplice.
4. Maturazione
Se abbiamo svolto bene i primi 3 step, ci accorgeremo che il quarto verrà fuori spontaneamente.
Proprio quando abbiamo smesso di pensarci l’idea salterà fuori da sola. Appena svegli la mattina, sotto la doccia, mentre cuciniamo, lavorando ad altro, facendo attività fisica, ecc.
5. Consumo
L’ultimo passaggio – che Young chiama poeticamente “la fredda e grigia alba del giorno dopo” – è quello in cui la nostra bellissima, immacolata idea andrà a scontrarsi con la realtà.
Questo è il momento in cui la nostra idea andrà consumata, in ogni senso. Dovrà adattarsi alle esigenze pratiche, estetiche, alle condizioni poste da clienti, datori di lavoro, committenti, ecc. Dovremo – ed è bene farlo – sottoporla a critiche e giudizi, nostri e degli altri.
A volte la nostra idea non ci sembrerà più bella, o realizzabile, com’era un’ora prima.
Altre volte – quelle più belle – la nostra idea sembrerà invece espandersi, coinvolgendo altre persone, generando nuove idee, dandoci la sensazione che ogni cosa possa andare al suo posto.